domenica 19 maggio 2013

Cani vecchi, pieni di sogni



Nella locandina ci sono già tutte le informazioni necessarie e quindi non staremo a ripeterci. D'altronde Giovanna Durì non ha bisogno di parole ma che guardiamo e godiamo delle sue immagini, tenere e appassionate, elegantemente malinconiche. Un appuntamento che Babele ci dà e che, assolutamente, non dobbiamo perdere.


Cane e  padrone
Andrea Rauch per Giovanna Durì

Via via che invecchio mi accorgo di somigliare sempre più al mio cane. Lo so che è un luogo comune (cane e padrone che finiscono per assumere aspetto e cadenze simili!), ma è proprio così e non so che farci. Il pelo si ingrigisce, biondo il mio nero il suo, le guancie tendono a cedere, come le palpebre, gli occhi diventano più acquosi e tristi. Ci si opacizza insieme, e insieme si affrontano i primi dolori articolari, le pigrizie e le difficoltà dell’età che, impietosa, avanza.
Cane e padrone cominciano a mostrare un disinteresse comune, sempre più evidente, per le creature dell’altro sesso (un’annusatina e via!), e le fermate per fare ‘un goccio d’acqua’, come si diceva una volta con ipocrita bon ton, si moltiplicano. Non si ‘marca’ più il territorio, come fanno i giovani: ci si libera soltanto la vescica e si dà respiro alla prostata.

I vecchi cani sono dunque così: teneri e acciaccati, indolenti e pigri, restii a muoversi con gesti bruschi. Ritardati nei movimenti zampettano guardinghi, con difficoltà, trascinando le zampe. Anche in questo somigliano spesso ai padroni: hanno assunto, per osmosi, aspetto e atteggiamento umano. 


Somigliano ai loro padroni anche i ‘vecchi cani’ che Giovanna Durì ha ritratto con affetto e partecipazione? Non lo so, ma mi vien fatto di crederlo, perché le storie che fanno corredo a questa serie di bellissimi ritratti sembrano quasi presupporlo. I cani di Giovanna sono quasi tutti stanchi e pigri, malandati e a fine percorso, ma non sembrano essersi arresi. Hanno ancora ricordo e voglia di gioventù, fantasie adolescenziali, pure attutite dagli acciacchi dell’età. Sono i cani che si vedono in giro per le città e per i paesi, che arrancano con zampe corte e pance cadenti, che sporgono scapole ossute, che lasciano cadere argentei fili di bava. Sono ‘vecchi cani’ che hanno visivamente bisogno, accanto a loro, di un vecchio padrone con cui dividere un tramonto più o meno sereno.

O forse no! Sono ‘vecchi cani’ che chiedono un bambino, un’adolescente che getti loro ancora la palla o il bastoncino e li stimoli a correre, ad annusare l’aria, a vivere e godere di quello che ogni giorno può portare. ‘Vecchi cani’ pieni ancora di sogni e di speranza.


Il catalogo che Giovanna Durì incontra sulla propria strada, e che ritrae, crediamo si accresca continuamente e aggiunga nuove storie giorno dopo giorno. Sono le storie di Cleo, di Ringhio, di Tina, di Furio: storie che magari loro non ci sanno raccontare ma che Giovanna registra con la sua matita e il suo pennello neri, con una sapienza narrativa e grafica che, pur conoscendola e apprezzandola da tanti anni, non le conoscevamo. Giovanna l’abbiamo sempre vista nel suo ruolo ufficiale di graphic designer attenta e competente, appassionata e precisa. Pensavamo progettasse bellissimi libri (quelli con Lorenzo Mattotti, ad esempio) e allestisse mostre affascinanti. Credevamo cioè che fosse completamente inserita in quella ‘cultura del progetto’ che organizza la visualità, ma che non sempre si spinge sul terreno dell’illustrazione e della pittura. I suoi ‘vecchi cani’ ci hanno sorpreso, colpito, lasciato senza fiato. Sono non solo dei bei disegni, sono brandelli di anima, momenti di riflessione e d’abbandono. Sono parte della vita. Erano, quei disegni e quelle storie, un ‘vizio privato’ di Giovanna Durì. Siamo fortunati che adesso siano diventati una sua ‘pubblica virtù’.

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